Un edificio imponente, avvolto dalle onde del Tirreno, il carcere borbonico di Santo Stefano, situato nell’arcipelago delle Isole Ponziane (LT), è uno dei primi esempi di architettura carceraria al mondo ispirata ai principi del Panopticon, ideato dal filosofo Jeremy Bentham. Costruito tra il 1755 e il 1795, è stato testimone di rivolte, sofferenze e tentativi di fuga, che hanno scandito la sua lunga e tormentata esistenza.
Questo carcere, con la sua pianta a ferro di cavallo, permetteva una sorveglianza totale da un unico punto, un’intuizione rivoluzionaria per l’epoca. Le sue 99 celle, suddivise su tre piani, ospitavano prigionieri comuni e politici, tra cui figure storiche di rilievo come Silvio Spaventa e Luigi Settembrini, vittime di un sistema penitenziario che mescolava in modo terribile i detenuti politici con i criminali comuni.
Dopo oltre un secolo di servizio, il carcere venne chiuso definitivamente nel 1965, lasciando la struttura a un lento e inesorabile declino. Tuttavia, il 2016 ha segnato un punto di svolta: il Governo Italiano ha stanziato 70 milioni di euro per il recupero di questo importante pezzo di storia, destinandolo a un futuro completamente diverso.
Nel 2020, per accelerare il processo di recupero, è stata nominata commissario straordinario Silvia Costa, seguita nel 2023 da Giovanni Maria Macioce. Il loro compito è stato quello di guidare i lavori di messa in sicurezza e ristrutturazione, con l’obiettivo di trasformare l’ex carcere in un polo culturale e formativo di rilievo europeo.
Il progetto attuale prevede non solo il restauro delle strutture, ma anche la creazione di un museo, una scuola di alta formazione e uno spazio per eventi culturali. Questo nuovo centro, intitolato a David Sassoli, ex Presidente del Parlamento Europeo, mira a diventare un faro di ispirazione per le future generazioni europee.
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